Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/323

CANTO XVI. 187 questi mille finii gli caselli addosso a strappargli i capelli ; 1' nomo assorto ia un forte pensiero non s'accorge se d'intorno gli suonino mille trombe. Mille disivi più che fiamma caldi (1) stringono gli oc- chi di Dante agli ocelli di Beatrice. In una valle ove soggiornano po- chi monaci, dovria per mille esser ricetto (2) ; nella valle onde Sci- pione ebbe gloria, Anteo recava mille lion per preda (3); nella valle ove attendono i principi negligenti è soavità di inille odori (4). Ulisse a' compagni suoi dice: Per cento milia Perigli siete giunti all'oc- cidente (5). Della divina tìamma di Virgilio sono allumati più di viiille (G). L' uomo superbo vuol giudicare da lungi mille miglia Con la veduta corta d' una spanna (7). Il lume di Beatrice splende piit di mille miglia; più di mille luci appariscono a Dante nel pianeta di Giove; nel trionfo di Maria ammira migliaia di lucerne, piii di mille splendori (8) accesi da un lume altissimo di cui non vede il prin- cipio : più di mille foglie ha la rosa di Paradiso. Delle sostanze an- geliche il numero.. .^ Fiù che H doppiar degli scacchi s'immilla (9): ma nelle loro migliaia contate dà Daniele, Determinato numero si cela (10). A cantare le bellezze di Paradiso se tutte le lingue de' poeti suonassero al millesmo del vero Non si verria (H) ; al miracolo del Cristianesimo diffuso, gli altri miracoli non sono il millesimo. E per- chè la commedia s' intrecci pur sempre alla Cantica, nel libro della giustizia la bontà d' un re zoppo è segnata da / come uno, e il con- trario da un' M che significa mille. E d'un altro re : E a dare ad in- tender quanto è pocOj La sua scrittura fien lettere mozze (12), che sì contrappone alla volontà misericordiosa onnipossente A cui nonpuote il fin mai esser mozzo (13), Nel *poema Al quale ha posto mano [e cielo e terra (11) dovevano trovar luogo anco le lettere dell'alfabeto lasse e nude, e vestire poe- tica veste. Ne' principii dell' umano linguaggio / s' appellava in terra il Sommo Bene (i5). L'alfa e l' omega delle sacre carte vale anco in Dante principio ed ultima perfezione ; e il Satan aleppe non è che r alfa come titolo di principato, e una versione di sua Slaestà sotter- ranea. L'Angelo descrive ai Poeta in fronte sette P con la punta della spada, e altri angeli, col ventilare dell'ali, devono cancellargliele su su a uno a uno; e Virgilio, dopo cancellato il primo e rimastegli pur sei le lettere, gli dice: Quando t P, che son rimasi Ancor nel volto tao, presso che stinti. Saranno, come l'un, del tutto rasi (16), allora salirai la montagna leggiero come nave che scende a seconda. Il nomo di Beatrice è compitato per B e per ice da colui che sovente paragona sé stesso a fanciullo. Nel viso umano compitando i due occhi col naso e le occhiaie, egli legge omo; e ne' dimagrati, a' quali le occhiaie più fonde e più nere e più livide, vede risaltare la M. Gli spiriti amanti giustizia dispongono sé in forma da rappresentare le leilere dell' al- fabeto e le parole Diligile justitiam.... qui judicatis tcrram. E si fanno or D, or I, or L in sue figure (17) ; poi si riposano nell'ultima let- tera e s' ingiliano all' emme, che non si può veramente, non che let- tera d' alfabeto, ma in più fiorito modo, fregiare manto di re. (i) Purg., XXXL (10) Par., XXIX. (2)Iaf,XVL (U) Par., XXIII. (3) Inf., XXXI. (12) Par., XIX. (4) Porg., VII. (13) Inf., IX. (5) Inf. XXVI (14) Par , XXV. (6) Purg., XXL (16) Par., XXVI. (7) Par., XIX. (16) Purg., Xll. (8) Par., XXIII, V. (17) Par., XVIII. (?) Par., XXVIII.