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XCIV PREFAZIONE ALLA NUOVA RISTAMPA. l'uso della lingua del suo secolo, e spesso della parlata og- gidì. Tempo è che l'ingegno di Dante cessi di sembrar singolare di quasi diabolica bizzarria: tempo è che le doti comuni a lui con gl'ingegni dell'età sua, cessino di parere proprie a lui solo. In questa ristampa, per ajuto ai comincianti e agli stra- nieri, pongo, distinte dalle note letterarie e storiche, alcune glosse dichiaranti la lettera. Superfluo avvertire che le pa- role da me sostituite a quelle del Poeta io non do per equi- valenti, io che la proprietà del dire pongo condizione pre- cìpua di bellezza. _ Necessario incremento al mio lavoro stimai dimostrare, in alcuna parte almeno, quanta luce verrebbe alla parola di Dante dal raffrontare a lei b dottrine del suo secolo, dico, la filosofìa aristotelica e la cristicina, condensate, ap- purate e coordinate nell'alta mente di Tommaso d'Aquino. Tutt' intero il raffronto non ho potuto compire, sì perchè mei vieta la mia quasi cecità, sì per non isgomentare alla prima con la copia delle citazioni il maggior numero de' leggitori. E simile lavoro sarebbe da compire sopra tutto Aristotele, e sopra quelli de' cristiani e de' pagani che Dante e nel poema e nelle prose rammenta con più riverenza, e mostra d'aver meditati. Acciocché quelli a cui tale' illu- strazione non garba, possano passarsene, distinguo le note filosofiche dalle altre ; e, per agevolarne l'intelligenza, le reco in italiano il più delle volte. Ma si vedrà che certi luoghi di Dante senza la filosofia di que' vecchi non si pos- sono intendere; e si vedrà insieme, quella filosofìa non es- sere tanto tenebrosa quanto taluni vorrebbero dare a cre- dere. Sopra non poche delle illustrazioni che vengono al Poeta da una citazione, non avvertita fin qui, della Bibbia de' Padri o degli antichi Latini, io potevo distendere un assai lungo e non vuoto nò disameno ragionamento , e te- nermene come di scoperta più vera che non siano le tante scoperte di cui certuni si tengono. Ma io non ho né tempo né modestia da tanto; e lascio agl'intelligenti giudicare quanto l'opera mia abbia di nuovo, e quanto, nel nuovo, (U vero.