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XCII PREFAZIONE ALL' EDIZIONE DI VENEZIA. In questo comento m'ingegno di stringere in poco le cose sparse per moUi volumi. Interpreto sovente citando: per- chè le citazioni dichiarano la lettera, illustrano il concetto, mostrano onde Dante l'attinse, e con quali intelligenze e fantasie l'intelligenza e fantasia di lui s'incontrò, e come egli fu creatore imitando. Cito sovente lui stesso; che nelle prose e nelle rime e ne' luoghi del pooma, che pajono più disparati, riconosconsi i suoi intendimenti. Più frequenti a rammentare mi cadono la Bibbia e Virgilio, San Tommaso e Aristotele, M'ajuto di fonti inedite: e preziosissimo ra* è un comento attribuito a Pietro figliuolo di Dante , dal quale attingo esposizioni e allusioni nuove, o le già note, ma non certe, confermo. Quant' ha di necessario l'Ottimo e gli altri vecchi, quanto i moderni, rendo in poche parole. Cerco nella prosa antica gli esempi di quelle che finora. parvero licenze poetiche; le cerco nel toscano vivente. E di queste citazioni escono insegnamenti e considerazioni ed affetti, quali nes- suna parola di critico può suscitare: si conosce quello eh' è proprio all'uomo, quello che al secolo; quale e quanta armo- nia tra la imaginazione e l'intelletto, la natura e l'arte, la dottrina e l'amore. Le nuove mie interpretazioni difendo in breve, senza magnificarne la bellezza; né le contrarie combatto. Prescelgo le più semplici: e solo là dove è forte il dubbio, ne pongo due. Le lezioni del testo conformo al- l'autorità di più codici e stampe; ligio a nessuna. Se circa le lezioni o le interpretazioni mie cadrà disputa, potrò so- stenerle o correggerle: ma lo spediente del citare parvemi buono appunto a troncar molte liti; e la brevità parvemi debita cosa nell' illustrare uno de' più parchi scrittori che onorino l'Italia e l'umana natura.