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INFERNO. — Canto XXXIL Verso 122 a 135 495

     Più là con Ganellone e Tribaldello,
     Ch’apri Faenza quando si dormia.
Noi eravam partiti già da ello,
     Ch’io vidi duo ghiacciati in una buca 125
     Sì, che l'un capo all’altro era cappello:
E come il pan per fame si manduca,
     Così il sovran li denti all’altro pose
     Là ’ve il cervel s’aggiunge colla nuca.
Non altrimenti Tideo sì rose 130
     Le tempie a Menalippo per disdegno,
     Che quei faceva il teschio e l'altre cose.
O tu che mostri per sì bestial segno
     Odio sovra colui che tu ti mangi,
     Dimmi il perchè, diss’io, per tal convegno, 135




more e la redusse a popolo di che elli e li altri nobili furono per un tempo strutti.

V. 122. Questi fu uno d’Alamagna, cioè todesco della casa di Maganza, lo quale tradì la gesta dei paladini, colli quali elli era, sieome nelli Conti si trova scritto.

Ivi. Questi fu uno Faentino, il quale tradì il comune di Faenza, e trassela di stato comune, e misela ad estranea signorìa, e diella a’ nemici di notte, perchè avea le chiavi di alcuna delle porte, li quali nemici erano lo comune guelfo di Bologna.

124. Qui con uno simile aduce l'atto di due peccatori, li quali l'uno all’altro mangia la cervella di drieto, e molto stava sollicito per disbramarsi l'ira incurabile. E dice che, sicome tratta nel XXVI capitolo, Eteocles e Pullinices, fratelli, della città di Tebe, essendo in discordia, fece ciascuno suo guarnimento e combattèro insieme; infra le quali avisagioui Tideo venne in soccorso di Pollinices, e Menelippo in soccorso di Eteocles. Essendo un die alle mani insieme Menelippo saettò Tideo molto fieramente e quasi a tradimento; Tideo irato tra del colpo e dell’inganno, broccolli adosso, e infine dopo alcuna battaglia, li tagliò lo capo, e tolse lo capo in mano, e furiosamente lo rodea, e squarciava le tempie, lo viso e le gote.

Or dice elli, e qui compie suo capitolo, che 'l vide un peccatore rodere così lo teschio ad uno altro di quella rabbia, che si fa al tempo della fame lo pane.

129. Nuca. È la paladina.

130. Qui fa la comparazione secondo la novella predetta.

133. Qui l'autore li domanda di sua condizione, e dice che non gettava il suo cibo, sicome fanno gli animali bruti, nè per decozione, nè pistagione.

135. Cioè per che cagione siete voi a tal couvegno insieme.