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472 INFERNO. — Canto XXV. Verso 98 a 105

     L’altro è il falso Sinon greco da Troia:
     Per febbre acuta gittan tanto leppo.
E l’un di lor che si recò a noia 100
     Forse d’esser nomato sì oscuro,
     Col pugno gli percosse l’epa croia:
Quella sonò, come fosse un tamburo:
     E mastro Adamo gli percosse il volto
     Col braccio suo che non parve men duro,




piegarsi nè per segni nè per altro, preselo un die che si trovò sola, in camera con lui, e gittolli lo braccio al collo, e richieselo d’amore; costui le disdisse e non volse consentire alla sua blanda voglia. Di presente costei cognoscendo lo peccato, dov’era caduta, di volere sedurre questo giovane, pensò di poner la colpa adosso a lui, e gridò sì che trasse la famiglia di casa; questa disse che Josef l’avea voluta sforzare. Grande dolore prese alla famiglia, ma per comendamento del re fu messo nella carcere, e lì stette fino ch’elli ne fu tratto per la esposizion d’un sogno ch’elli seppe fare al detto Faraone, e tornò tanto in grazia di Faraone, ch’elli lo fe’ principe di tutto lo Egitto. E sì com’è scritto nella Scrittura santa, mandò lo ditto. Josef per lo padre, per li fratelli, ed ebbeli tutti in signorìa; poi se li diede a conoscere, e soccorseli alle loro bisogne.

Or mette l’autore la predetta moglie di Faraone tra queste falsarie genti per lo falso peccato ch’ella impuose a Josef.

V, 98. L’altro è il falso Sinon. Costui fu un greco che fraudolentemente, essendo l’assedio intorno Troia, andòe un die dentro alla città. Fu costui presentato com’è usanza nelle terre assediate; disse ch’era di Grecia e ch’era venuto nell’oste, ma avea tanto oltraggio ricevuto da Ulixes ch’elli sarebbe contento d’esser ad ogni sua briga, sì che però era scampato dall’oste. Or questo Simone sapea del cavallo del rame, che si dovea fare, com’è detto nel XXVI capitolo; dicea: li greci sono a mala condizione, non sono per poter più durare, a loro manca vittuvaglia, elli non sono bene uniti, elli sono stanchi di stare in oste, sì che un die non si saprà altro se non ch’elli si partiranno. Dato costui questo intendimento ai troiani elli avenne, si come è detto, l’agguato del cavallo, e partironsi. Questi avendo udito lo detto di Sinone, e veggendo di fatto essere tal partita, si miseno a tòrre dentro quel cavallo, e a rompere le mura, di che elli ne perdetteno la terra. Or per la fraudolenzia e falsitade del detto Sinone, lo mette nella predetta bolgia.

99. Cioè per la sua falsitade hanno tale malizia nello inferno.

100. Qui poetando recita per modo di contezza tutta la loro istoria, fingendo che l’uno in modo di dire villania all’altro, ciò palesasse; e soggiunge, come appar nel testo, che supplevano sue conteso con li pugni, come chiaro appare nel testo.