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462 INFERNO. — Canto XXIX. Verso 132 a 139

     E l’Abbagliato il suo senno proferse.
Ma perchè sappi chi sì ti seconda
     Contra i Sanesi, aguzza ver me l’occhio
     Sì che la faccia mia ben ti risponda; 135
Sì vedrai ch’io son l’ombra di Capocchio,
     Che falsai li metalli con alchimia,
     E ti dee ricordar, se ben t’adocchio,1
Com’io fui di natura buona scimia.


  1. V. 138. Lezione rinfrancata da BP, BG BU, BV dal Landiano, dal Cod. Villani,
    dal Vatic. dal Gaet. e dal Berlinese.




darli per segno quella brigata, in che Caccia d’Asciano senese spese lo suo avere, e l’Abbagliato il suo senno. Questi due furono senesi, l’uno ricco e l’altro povero, ma sapute persone erano della predetta brigata, e seppeno sì fare che in loro si trovò l’onore de’ senesi, e si tutto intero, che li altri, che furono il soperchio, non ne rimase nulla.

V. 133. Qui detto Capocchio de’ senesi, dice di lui, come appar nel testo.

138. Quasi a dire ch’elli fue suo compagno in scuola di fisica, e che seppe cosi bene quelle scienzie, che quasi ogni detto contraffacea e dicea tutto a simile della scimmia, la quale contraffa li atti esteriori umani.

E qui finisce la sentenzia del presente capitolo.




Nota. Il Commento denominato Ottimo ha per questo canto preso dal Lana tutto il lungo Proemio; al v. 13 chiosò con poco tolto dal molto del Lana stesso; al v. 124 un’altra parte; poi le intere chiose ai versi 127 e 130.