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428 INFERNO. — Canto XXVII.

Per opera satisfacendo è necesso per compiere la perfezione del detto sacramento, sicome san Matteo, capitolo terzo, dice: penitentiam agite; e Luca 3: facite fructus dignos poenitentiae; e santo Augustino: non remittitur peccatum etc. Sichè questa offesa che ha ricevuta la giustizia sia per la penitenzia ridotta in atto satisfatta.

Or veduto superficialmente in che consiste lo sacramento della penitenzia, vuole l’autore provare che non si possa perdonare nè assolvere uno di quello peccato, che non è commesso ancora per lui, e introduce a dar tale sentenzia lo demonio, recitandola, come appar nel testo, lo Conte predetto, mostrando di sopra che fa bisogno la materia esser disposta a ricevere la forma, e per la contrizione ella si dispone. Or non può essere che volere fare un peccato ed essere di quel medesimo contrito insieme, sia lo cuor dell’uomo. E provasi per ragioni naturali in libro Methaurorum: — Contraria simul esse possunt; in IX Ethicorum: — Non potest homo simul tristari et gaudere; in V Methafisicae: — Album et nigrum impossibile est in uno suo obiecto esse. Per ragioni logiche; in li Trattati: Lex contradictoriorum est quasi una et vera, altera falsa, de quolibet affirmatio, vel negatio vera vel falsa. Sichè chiaro appare per contraddizione quelli due contrarii non possono essere in uno subietto; sichè volere fare uno peccato seguesi che non è contrito, se non è contrito seguesi che non è disposta la materia, s’ella non è disposta non riceve la forma; non però è difetto della forma, s’ella non introduce lo predetto sagramento, sicome è del raggio del sole, che se trova lo corpo diafano incontanente lo illumina, s’elli lo trova opaco, non lo illumina; sichè lo difetto è tutto da parte della materia paziente e non da parte della forma.

Mostrata come tale assoluzione niente vale1 al peccatore, dice come lo predetto Conte diede a Bonifacio papa uno consiglio fraudolente, del quale consiglio anzi ch’elli lo dèsse, lo ditto Bonifacio fece l’assoluzione sichè poi lo detto Conte nè ’l confessò, nè fue contrito da poi che l’ebbe dato; per la quale cagione l’autore lo danna come nel testo apparirà.


  1. Correggo col Cod. R. la Vind. ha acquistata grazia che non ha senso. Il Cod. M. manca della confessione e della contrizione, e compendia il resto.