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INFERNO. — Canto XXV. Verso 103 a 131 411


Insieme si risposero a tai norme,
     Che il serpente la coda in forca fèsse,
     E il feruto ristrinse insieme l'orme. 105
Le gambe con le coscie seco stesse
     S’appiccar sì, che in poco la giuntura
     Non facea segno alcun che si paresse.
Togliea la coda fessa la figura.
     Che si perdeva là, e la sua pelle 110
     Si facea molle, e quella di là dura.
Io vidi entrar le braccia per l'ascelle,
     E i duo piè della fiera, ch’eran corti,
     Tanto allungar, quanto accorciavan quelle.
Poscia il piè dirietro, insieme attorti, 115
     Diventaron lo membro che l'uom cela,
     E il misero del suo n’avea due porti.
Mentre che il fumo l'un e l'altro vela
     Di color nuovo, e genera il pel suso
     Per l'una parte, e dall’altra il dipela, 120
L’un si levò, e l'altro cadde giuso,
     Non torcendo però le lucerne empie,
     Sotto le quai ciascun cambiava muso.
Quel ch’era dritto, il trasse in ver le tempie;
     E di troppa materia che in là venne, 125
     Uscir gli orecchi delle gote scempie:
Ciò che non corse in dietro, e si ritenne,
     Di quel soverchio fe’ naso alla faccia,
     E le labbra ingrossò quanto convenne.
Quel che giaceva, il muso innanzi caccia, 130
E gli orecchi ritira per la testa.





le alterazioni serpentine, e cosi è converso di serpentine, umane. E notisi qui che sicom’è difficile a imaginare materia senza forma, per converso cosi è difficile ad imaginare che la materia disposta a una forma di specie sia in quella intanto disposta a forma d’altra specie, e questa parlatura poetica è quella che impone silenzio a Lucano e a Ovidio.

V. 103. Cioè queste due spezie si fecero una in mostro, sicome appare nel testo, della unione dei singolari membri.

116. Cioè li virili membri ordinati per la natura alla generazione.

121. Allegoricamente parlando, l'uomo cade quando a tale condizione si lascia giungere come a latrocinio.

122. Lucerne, cioè occhi.

124. Descrive la trnsmutazione de’ visi e delle faccie.