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306 INFERNO. — Canto XVII. Verso 86 a 106

     Della quartana, c’ha già l’unghie smorte,
     E triema tutto pur guardando il rezzo,
Tal divenn’io alle parole porte;
     Ma vergogna mi fèr le sue minacce,
     Che innanzi a buon signor fa servo forte. 90
e m’assettai in su quelle spallacce:
     Sì volli dir, ma la voce non venne
     Com’io credetti: Fa che tu m’abbracce.
Ma esso che altra volta mi sovvenne
     Ad alto, forte, tosto ch’io montai, 95
     Con le braccia m’avvinse e mi sostenne:
E disse: Gerion, moviti omai:
     Le ruote larghe, e lo scender sia poco:
     Pensa la nuova soma che tu hai.
Come la navicella esce di loco 100
     In dietro in dietro, sì quindi si tolse;
     E poi ch’al tutto si sentì a giuoco,
Là v’era il petto, la coda rivolse,
     E quella tesa, come anguilla, mosse,
     E con le branche l’aere a sè raccolse, 105
Maggior paura non credo che fosse,




V. 87. Rezzo. È l’ora del die. 88. Cioè che si spaurì, ma quella vergogna che fa lo fante nella presenzia del suo signore essere presto, quella medesima nella presenzia di Virgilio lo vigorio.

91. Mostra qui le conseguenzie della paura che non potea profferire a parole: abbracciami ch’io temo.

94. Cioè che Virgilio lo soccorse a tal bisogna sicome altra fiata l’aiutò! 97. Qui appella lo ditto animale Gerione; ed imponeli Virgilio che faccia lor discesa acconcia ed agiata, cioè che vada roteando a larghe circolazioni, acciò che ’l descender non sia disagievole, considerando che v’era col corpo. Gerion fu un re di Spagna, il quale colla sua fraudolenzia, sicome quello uomo che più n’avea che fusse al mondo, vinse Ercole il quale come pognon li poeti figura somma fortezza, e però lo mette l’autore in quel nome quasi a dire: la fraudolenzia vince ogni fortezza.

100. Segue suo poema, come appar nel testo, che si mosse a far suo viaggio con Virgilio e Dante sulle spalle.

106. Qui vuol mostrare per comparazione la paura ch’ebbe in su le spalle di tale animale, e descendendo giuso nell’ottavo circolo. Ed introduce una favola poetica la quale per loro si recita in questo modo: Feton figliuolo di Febo e di Climene, essendo garzonetto usava con Epafo figliuolo di Jupiter, ed era di sua brigata. Un die, co