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e trovasi in molti codici antichi, (e di barba fa Dante parlare a sè da Beatrice) e le imberbi; tra la maschera che l’onorevole Torrigiani (morto or ora) mi favorì, certamente cavata dall’umana carne, e l’incertezza che a tempi danteschi si facessero cavi; tra chi dà grosso il labbro inferiore e chi dà tale il superiore; tra la medaglia e la statua del Pazzi e la medaglia del Dupré? Non mancò la volontà, nel peritare mancò il tempo e l’occasione.

Alla parte fortunata delle tipografie, delle quali ebbi ad intera mia disposizione Proti abilissimi, aiuto di correzione, compositori attivi, copista intelligente a svolgere le sigle ed evitare gli errori, caratteri nuovi, e ordini a lavorare di conserva e con alacrità e con amore quanto allora, ed ora, la cosa esigeva, convenne favorevolissima la letterata di persone che qui voglio pubblicamente ringraziare innanzi di discorrere del magistero dell’opera. E Voi, o Signori, gradirete di udire come questo mio affannoso pensiero pel Lana fosse graziosissimamente dappertutto favorito; ma il Lana da sè non dovea comparire sì bene con Dante. Molti Codici conoscevo, e alcuni più insigni aveva scelto, ma sopra stampa occorreva cento volte necessità di riscontri. Il Ministero della pubblica istruzione mi aveva affidato in mia propria casa un Codice Riccardiano, un Magliabecchiano, un Braidense, tutti lanei, tanti chiesti, tanti dati: ma ben dodici altri si tempestavano a vicenda, e non potevo essere con essi e col tipografo; mi si offersero piacenti il bibliotecario di Siena Grottanelli, e il reverendissimo filologo abate Stolfi a Firenze, il Canestrini, già mio collega nella composizione dell’Archivio storico e ora bibliotecario della Nazionale della nuova capitale nostra, il Longoni della Braidense, il bibliotecario Bosis e il suo assistente Premerlani di Bergamo, e Vi so dire che non furono risparmiati; specialmente il Grottanelli e lo Stolfi, alla lettera, lavorarono. Senza loro pel tempo breve (cinque mesi dal 22 novembre 1864 al 22 aprile 1865) mi sarebbe stato impossibile tanta fattura che mi cresceva ogni giorno fra mano. Oltre a ciò presi a consultare i Codici danteschi più famosi del secolo XIV, e alcuni del secolo successivo scesi da antichi, e le vecchie stampe, e le selve di varianti date da filologi, e molte disputazioni sui passi controversi ogni cosa raffrontando