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   118 i n f e r n o   iv. [v. 13-24]

goscia delle genti, Che son qua giù, nel viso mi dipigne Quella pietà; cioè quello smortore che viene da pietà, che tu per tema senti; cioè che a te Dante pare che vegna per tema; cioè per temenza. Andiam, che la via lunga ne sospigne. Ben pare lo lungo cammino faccia più sollicito l’andatore, che lo piccolo. Così si mise; Virgilio, e così mi fe entrare Nel primo cerchio, che l’abisso cigne. E qui mostra che entrassono nel primo cerchio dell’inferno. E qui secondo la lettera, per avere intenzione di quello che si dirà nella prima cantica, doviamo sapere che l’autore finge che l’inferno sia nella concavità della terra, come detto fu di sopra, e che dopo lo fiume Acheronte si cominci a discendere, e discendesi una grotta e trovasi una ripa la quale sta in tondo com’uno cerchio, e terminasi all’altra grotta, et à ben grande latitudine la grossezza del cerchio; cioè dalla grotta stesa, infino all’altra dove si discende. E similmente il vacuo è grande spazio qual si conviene alla grossezza della terra, e questo chiama lo primo cerchio ovvero limbo, ove pone che stiano li parvoli, et uomini, e femmine virtuosi, che non ànno avuta la fede cristiana; ma pone in questa grossezza del cerchio, più in ver lo grotto, uno nobile castello cerchiato1 di sette alte mura d’intorno e d’un bello fiumello2, et in questo finge essere dispersi3 dalli altri uomini e femmine famose; e poi pone lo secondo alla discesa dalla grotta seconda tanto di meno giro, che il primo quanto è la grossezza del primo, et in questo finge che si punisca il peccato della lussuria; e poi finge il terzo di meno giro che il secondo, alla discesa della terza grotta tanto, quanto è la grossezza del secondo, e qui finge che si punisca il peccato della gola; e poi finge il quarto cerchio per lo modo delli altri detti di sopra, et in questo finge che sia il peccato dell’avarizia; e poi finge il quinto per lo modo delli altri di sopra; ma ponci una palude che va intorno per lo cerchio, che si chiama Stige, et in questo finge che si punisca il peccato dell’ira e dell’accidia; e poi il sesto per lo modo delli altri, se non che finge che sia intorniato di mura di ferro, e che dentro a quelle mura sia lo sesto cerchio, e il settimo, l’ottavo, e il nono, per lo modo, che è detto di sopra, e chiama l’autore questi cerchi così murati la città di Dite. E dentro a questi finge che sia punito il peccato della superbia e della invidia, che sono più gravi peccati che li altri, e perciò li pone più al fondo; et ancora la lussuria, gola, avarizia, ira, accidia in quanto vengono da malizia e da bestialità: chè in quanto vengono da incontinenzia, finge che sieno puniti nelli cerchi detti di sopra, fuor della città di Dite. E non procede più l’autore, secondo lo genere de’

  1. Da - più in ver - sino a - cerchiato - si è supplito col Cod. M. E.
  2. C. M.  fiumicello,
  3. C. M.  essere da per sè dalli altri