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quei versi trovati fra le molte carte dell’ereditá paterna, accodan- doli per conto suo al dialogo, col quale non avevano proprio nulla a che fare: non accorgendosi nemmeno che dal contesto dell’ultima strofe sarebbe stato facile capire che quella poesia, omaggio occasionale al duca di Ferrara, raffigurato come al solito nel mitico Ercole (el ftgliuol d’Alanena), era fattura non sua, ma del padre. Comunque, fosse o non fosse sua, quando piu tardi si accinse a preparare il testo dello Specchio d’Esopo per l’edizione romana del ’26, decise di far entrare addirittura la ballata, oppor- tunamente accorciata e ridotta a tre strofe soltanto, nel testo del dialogo. Per tal modo la poesia, e la battuta finale di Esopo che la introduce, rimasero cosí nelle edizioni successive U), come nel codice vaticano, esemplato, come si disse, dallo stesso Teodoro sull’edizione principe del ’26: inutile incrostazione, che nella pre- sente edizione ho creduto bene di sopprimere definitivamente. ferrato quel mannello di preziose e ignorate notizie storiche e genealogiche sulla propria casata, raccolte (com’egli affermava) da suo padre, che dovevano servire come di patenti di nobiltá delle due famiglie, oriunde dello stesso paese e unite fra loro da parentela. Questo strano documento attende ancora chi ne chiarisca e spieghi le in congruenze e le stravaganze anacronistiche, ponendo a confronto il testo rin- venuto da Medardo Morici nella biblioteca Iacobilli di Foligno e da lui edito con amorosa cura ( La famiglia di Pand. Coll., Pistoia, Fiori e Biagini, 1896), col testo piú completo, e in molte parti diverso, che col titolo: Memoria alla posteritá et subcessori ci è stato conservato dal cod. vaticano-urbinate 1753 segnalato nel 1902 dal Mazzatinti (Prefazione alla Cronaca di Ser Guerriero da Gubbio, in Muratori, RR. fi SS., 2 a ed., XXI. iv, p. xiv. Cfr. anche B. Feliciangeli, in Giorn . Sto- rico, XLI (1903) p. 316 n 2). (1) Eccettuate naturalmente le edizz. del *52 e del ’Ó3, dove la ballatina, che non poteva certo essere gabellata per un’ode tradotta dal greco, fu senz’altro soppressa.