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NOTA 361 Nelle edizioni del ’26 e del ’44 l’operetta termina con una « ballatina » o barzelletta, di tre strofe oltre il ritornello, nella quale Esopo si rallegra che un vento propizio l’abbia felicemente condotto in porto, permettendogli di vivere in pace, al riparo dei colpi dell’avversa fortuna. La contorta insipida poesiola, che, divulgata dal Crescimbeni1, rimase, fino al giorno che il Perticari mise in luce la Canzone alla Morte , l’unico saggio della maniera poetica di Pandolfo, serve di chiusa allo Specchio d’Esopo tanto nel cod. vaticano-urbinate, dove conserva la forma che ha nelle edizz., quanto in P l , dove si legge in una forma piú ampia di cinque strofe, a questo modo:

Cod. V e Edizz. Cod. P1

     Oramai lieto e contento
de mia sorte vo cantando,
poi che in ben servir sperando
m’ha condutto in porto il vento.
     Piú non temo de fortuna,
faccia il mondo quel ch’el vòle:
chi a buon tempo se raduna
ove piú riluce il sole,
non si pensa a cosa alcuna;
e però nulla pavento.
          Horamai lieto e contento.
Chi a signor constante e pio
ha la mente tutta volta,
come ho volto il core anch’io,
non si pensa che mai tolta
sia la grada dal disio.
Tutto il resto è fumo e vento.
          Horamai lieto e contento.

     Horamai lieto e contento
de mia sorte vo cantando,
poi che in ben servir sperando
m’ha condutto in porto il vento.
     Horamai piú de fortuna
non extimo alcuno intoppo:
volti pur si sa la luna,
ché al mio stato ho fatto il groppo
Piú non temo cosa alcuna,
ché ben preso hora mi sento.
          Horamai lieto e contento.
Chi a Signor constante e pio
la sua mente ha tutta volta,
come ho volto il core anch’io,
non se pensi che mai tolta
sia la gratia o che ’l desio
del suo effetto mai sia spento.
          Horamai lieto e contento.
Per amar con pura fede
e servir con lieta spenc,
col ben far chiaro se vede
che in un pimto al fin pur vene
col suo tempo la mercede ,
se ben pare il venir lento .
          Horamai lieto e contento.
Pur al fin torna sereno,
non turbato è Vaer* sempre:
mo’ che par che ’l gentil seno
col poter voglia contempre,
de allegrezza io son si pieno ,
che di nulla piú pavento.
          Horamai lieto e contento.

  1. Dell’Istoria della Volgar Poesia , Venezia, Baseggio, 1730, III, 307 sg.