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signor Duca Hercole di Ferrara. Collocutori: Hercole, Esopo, Plauto, Luciano, il Re...». Il dialogo è accompagnato da una scherzosa lettera di Teodoro a un M. Cipriani, dalla quale abbiamo il mezzo di determinare approssimativamente l’etá di questo manoscritto, piú tarda che quella del codice parmigiano. Se, quando scrisse questa lettera, il figlio di Pandolfo (nato, come si disse, nel 1476) era giá vecchio, dovremo assegnarle una data non lontana dal 1540: nel contesto infatti è detto: «Messer Cipriani mio, se non havesse si presto ateso la promessa fatta, si come forsi il desiderio vostro era et è, me arete per escusato, si per la vecchiaia, si per essere novello in patria mia da molti mesi di manchanza, onde ho dispensato molti giorni alli amici e parenti in visitarli et esser visitato, si per aver fatto uficio di buono agricultore, andando a rivedere si li figlioli giá nati e quelli che doveranno nascere, insertati con mie proprie mani, invitandovi quando vi parerá vederli e gustarli: questa fia giusta scusa ecc. Che Dio vi facci sempre sano e salvo. Theodoro Coilenuccio tutto vostro». Le edizioni di questo dialogo sono tutte del sec. XVI: 1. Apologo intitulato Specchio d’Esopo composto dal Magnifico Caualliere e dottore messer Pandolpho Collenuccio da Pesaro. Colocutori Pier cute, Esopo, Plauto, Luciano e il Re. (in fine:) «Stam- pato in Roma per Ludovico Vicentino con gratia e privilegio come ne l’altre. Ne l’anno MDXXVI» in-8, 32 pp. n. n. Edizione dovuta all’iniziativa dello stesso Teodoro, di cui precede la seguente lettera di dedica Al Reveren. Mons. Gio. Mattheo Gíberti vescovo di Verona e Datario del S. P.: «Mi è parso cosa conveniente, Mons. mio reverendo, havendo ritrovato ne le fatiche del patre mio alcune cosette dilettevole, tra l’altre cose sue, farne un dono a V. S. per confirmarme ne la servitú ho con Quella assai giorni sono, e perché tra mi medemo ho pensato non poterle dedicare a persona piú degna che a V. S. R. come amatore di virtú e Protettore degli huomini virtuosi, che sotto ombra e tutella di quella, anchora che siano morti, re- viveno. E pensandome che cusi sia, participando adunque li pas- sati de questa vita de le cose di qua, ne ará il genitor mio quel gaudio e quella letizia ch’io stesso, vivendo, ne piglio, racoman- dandola a V. S. R. che ne le sue cose rare e care le accette, e ne faccia quel riserbo che meritano».