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vari, si perché non intendono li particulari, si perché non sanno iudicare quel che per loro fusse bono de questo accordo. Cre- dono ben tutti che l’abbia a seguire e che l’abbia a partorire el regno de Italia tandem a la Maestá del cristianissimo re, et essendo stata chiamata Vostra Signoria a Milano, pensano che quello abbia ad esser posto in man vostra, e che in piú fidel mano porre non si porria. Stanno ambigui de’ veneziani, se sono inclusi ne l’accordo o no: comprendo non li vorriano al tutto depressi. Questo è quanto in communi parlari ho odito.

Un grande omo però e grande amico de Vostra Signoria, quello dico che per fra’ Tommaso ve scrisse, me ha ditto espres- samente che l’è indispensabile che accordo se faccia, che sia fidele e durabile; anzi che in niun modo el sera, et hammelo replicato piú volte. Ceterum io me ho goduto a questi di et ancor godo fra’ Iero- nimo de Ferrara, omo veramente divino, maiore ancora in pre- senza che per scrittura. Li parlari insieme sono stati molti e longhi: li riservo a bocca. Una cosa dirò che aperto ore me ha affirmato, che un iota non mancará di quello ha ditto, et hamme esplicato molte cose che modo li seranno, quali dirò a Vostra Signoria. El duca de Urbino se ricomanda a Vostra Eccellenza per mille volte. Non ho altro che dire, perché attendo ad espedire, e partirò fra dui di, rimettendomi de altri avvisi al magnifico messer Manfredo. Prego Dio che l’andata de Vostra Signoria sia onorevole e fruttuosa, corno è ragionevole e verisimile. A quella de continuo me ricomando.

Florentiae, die dominicae iv Octobris, hora n noctis, 1495. Raptissime Ill.mae Ducalis Dominationis Vestrae servus Pandulphus.

Ill.mo Principi et Ex.mo Domino Domino meo singulari Domino Duci Ferrariae.