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Ioseph.   Ho gran piacer di quello che m’accerti:

non mi potevi dir cosa migliore.
Arai la nunciatura, ché la mèrti!
     Voi, cavalier, vi prego per mio amore,
che insieme tutti andiamo ad incontrarlo,
ché di vederlo mi si strugge il core.
     Quando sforzato fui d’abbandonarlo,
per certi casi avversi ch’io non dico,
non potetti al partir pur salutarlo.
     Era un fanciullo e lui giá fatto antico,
né possemmo l’un l’altro rivedere,
tanto quel tempo allor fu a noi nimico.
     Anzi fu lui sforzato di tenere
ch’io fussi morto, e giá ventitré anni
m’ha pianto senza mai di me sapere.
     Et io per lui portato ho tanti affanni,
pel suo dolor, che nel mio cor vedeva
e ch’io tenea nascosto in questi panni,
     che mai letizia piena non aveva,
in tanto stato in quanto mi vedeti,
per la gran passion che in me teneva.
     Or vederò i mei giorni sempre lieti;
vedendo il padre mio, lui me vedendo,
i nostri cor seranno al tutto quieti.
     Andiamo adunque ormai, perché comprendo
che non sia da lontano, e giá mi pare
vederlo in qua venir, se ben attendo:
     non mi posso tener di lacrimare!

SCENA X

Iacob e Ioseph, e tutti li altri fratelli.

Iacob.   Semo pur in Egitto e ancor noi credo,

dappoi tante giornate e tal cammino,
perché quel che desidro ancor non vedo.