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SCENA VII

Iacob, lamentasi solo:

     Signor, io son tuo servo, come sai,

e come i padri mei con te son stati,
cosí me (benché indegno) sempre arai.
     Né mai dal tuo voler siam deviati,
et adorato abbiam la tua potenza,
perché li effetti toi n’hai dimostrati.
     Quel che mi fai, so che tua sapienza
ne l’eterno secreto suo dispone,
però m’induco a tòrio in pazienza.
     Né posso creder che tua visione,
che a faccia a faccia mi facesti degno,
abbia a tornare in mia confusione.
     Ma se del mio parlar tu non hai sdegno,
qual reverente io porgo a tua grandezza,
ascolta un poco me, Signor benegno.
     Quante fatiche ebb’io, quanta tristezza,
perseguitato essendo da Esau,
che fratei m’era, il sa ben la tua altezza:
     sai che sette e sett’anni in servitú
per Rachel stetti et ebbi poi di lei
dui sol figlioli che mi désti tu.
     Or posso dir che non furono mei,
perché Ioseph perdetti in puerizia,
e longamente il pianto per lui fèi.
     Quest’altro, mia dolcezza e mia delizia,
Beniamino, pure in quell’etade
mando fra gente piena di nequizia.
     E Rachel, ch’era piena di bontade,
qual tanto amai, nel parto mi togliesti,
memoria amara, piena di pietade.