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     Fallo in secreto, e fa’ che li sia dato

e vino e pane da mangiar per via:
con questo, io li darò poi commiato.
     Menali adunque a la presenza mia,
ch’io tornerò a sedere in tribunale.
Fa’ che quel che t’ho detto fatto sia,
     si che non vadi cosa alcuna a male.
(Ioseph seguita):
Come ogni cosa il tempo al fin discopre!
     e’ par che questo avvenga per natura,
che asconder non si pò le male opre.
Parlano i mei fratelli a la secura
     tra loro in lingua ebrea, e tengon certo
che non sia intesa sua loquela oscura:
non san ch’io son ebreo, non manco esperto
     di loro in quella lingua, in qual son nato,
e quel che tra lor dicon mi è scoperto.
Ma voglio stare ancor cosí celato,
     ché meglio intenderò sua intenzione.
Ecco che giá ne vengon qua da lato:
voglio che sappin la mia opinione.

SCENA XIII

Ioseph, Iuda, Ruben e Simeone con li altri sette fratelli.

Ioseph.   Udite, cananei, quel che dico io:

ho fatto sopra voi novo proposto,
e questo faccio perché temo Iddio.
     Se voi farete quel ch’io ho disposto,
voi viverete: or state adunque attenti,
perché dal iusto mai non mi discosto.
     Se séte omin di pace, incontinenti
un di voi sia ligato qui in prigione
e li altri a casa tornin coi frumenti.