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Ioseph.   Il mio iudicio verso voi non erra!

Séte spioni, ma l’esperienza
io ne farò, ché quella il ver disserra.
     Io dico adunque, e giuro qui in presenza,
per la salute del re Faraone,
che non arete del partir licenza,
     fin che ’l fratei, di chi tu fai menzione,
minor di tutti, qui non sia menato,
sol per veder se il vostro dir consone.
     Et un di voi per questo sia mandato,
che qui il conduca; il resto vi starete
ne la prigione, fin ch’el sia tornato.
     Cosi vedrò se il vero detto arete:
e se noi menerá, per la salute
di Faraone, i’ giur’ che spie voi séte.
     Quest’è la mia intenzion senza dispute.
Menateli in prigione e li staranno
finché la mia sentenza non si mute.
Nabuc.   Lassa di questo a noi, signor, l’affanno,
ché in la prigione i metterem si stretti,
che ancor con l’ali giá non fuggiranno,
     né si trarran di li, se noi commetti.

SCENA XI

Ioseph solo.

     Non posso piú le lacrime tenere,

né posso simular mia passione,
che portata l’ho pur piú del dovere.
     La provvidenza tua come dispone
le cose umane, o grande eterno Dio,
con summa sapienza e con ragione!
     Adesso mi rammenta il somnio mio,
che son ventitré anni ch’io sommai,
ch’altri allor non l’intese, né ancor io.