Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Operette morali, Poesie latine e volgari, 1929 – BEIC 1788337.djvu/235

     Et in terra prostrati ti adoriamo,

si come a la tua altezza è condecente:
per grazia ascolta quel che dimandiamo.
     Ognun di noi portato ha di presente
alcun dinar per comperar del grano;
che ’l possiam far preghiamo ti contente.
     Padre, mogli, figlioi, di qui lontano,
e gran famiglia abbiam, condutta a morte
per fame, se ’l pregar nostro fia vano.
Ioseph.   Vostra venuta in qua non so che porte.
Voglio saper da voi la veritade,
di qual paese séte e di qual sorte.
Ruben.   Noi siam di Canaan, per povertade
di pan cacciati, acciò che tu ne die
del gran per dinar nostri e per pietade.
Ioseph.   Voi séte esploratori, e séte spie,
che le piú debil parte del paese
volete investigar per queste vie!
Ruben.   Non è cosí, signor nostro cortese:
noi siamo servi toi, che siam venuti
per poter con dinar farci le spese.
     E veniamo, acciò che tu ne aiuti,
e siam gente di pace e siamo nati
tutti d’un padre, e voglio che reputi
     che toi famigli semo, dedicati
sempre a servire, e non per machinare
cosa mal fatta: e questo certo abbiati.
Ioseph.   Anzi séte venuti per spiare
che loco è per l’Egitto mal fornito,
e il tutto a casa vostra po’ avvisare!
Ruben.   Signor, il vero è questo c’hai sentito.
Dodeci servi toi per certo semo,
tutti fratelli e uno n’è smarrito.
     Un altro, ch’è il piú minimo, tenemo
appresso il padre nostro, che in la terra
di Canaán giá vecchio ancora avemo.