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Ioseph.   Dio vivo e vero eterno, che dispone

il mondo tutto, senza l’opra mia,
dará risposta bona a Faraone.
Faraone.   Narrar ti voglio il tutto, e per qual via
e di qual sorte i somni mi mostrava,
imaginando, la mia fantasia.
     Su la ripa del fiume star pensava,
di quel vedendo sette vacche uscire
per grassezza rotonde, qual stimava
     pur troppo belle, e lor pascendo gire
per la palude l’erba; e drieto a queste
sett’altre vacche poi vedea seguire,
     in tanto brutte e magre e disoneste,
che simil mai non vidi piú in Egitto:
e queste cosí brutte, ardite e preste
     divorar quelle belle vidi al dritto,
né parer però sazie, anzi durare
squallide e magre e il corpo lor trafitto.
     Io mi svegliai, poi m’ebbi a addormentare,
et ecco un altro insomnio mi riviene.
Vedea d’un ceppo solo pullulare
     sette spiche bellissime e ben piene,
et altre sette vane, arse dal vento,
nascer di stoppia, con le secche vene;
     queste spiche ch’avean suo vigor spento,
di quelle sette prime la bellezza
vidi che divororno in un momento.
     Vorria di questi insomni aver chiarezza:
di questi coniettori e sapienti
alcun non è che intenda la sua altezza.
Ioseph.   Voglio che mia risposta ti contenti.
Non dui, ma un solo insomnio è quel del re,
che a Faraon vói Dio si rappresenti.
     Le sette vacche belle apparse a te,
con quelle spiche piene, è una sustanza:
di quel che ha a venir ti fanno fé,