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Durach.   T’intendo mo: cosí, pel tuo parere,

se questi indivinanti cercarono,
che vòle il re, non ne potremo avere?
Cabasan.   Dico de li indivin né piú né meno,
perché l’indivinar cose future
sol Dio se l’ha salvato nel suo seno.
Durach.   Tue parole per certo paion dure.
Astrologhi, pitoni e nigromanti,
che in specchi e in acqua vedeno e in figure
     sortilegi, con maghi e geomanti,
che poss’indivinar cose avvenire
dicono e credon li omin tutti quanti.
Cabasan.   Lassa pur dir ciascun quel che vói dire,
ché vanitá son tutte e illusione,
e un uom sensato sempre i de’ fuggire.
     Dio solo, e quei che per infusione
l’hanno da lui, non dicono menzogna,
come i profeti e tal condizione;
     li altri non sanno pur quel che bisogna
a lor di giorno in giorno: or come sanno
le imagini che un uom la notte sogna?
     La lor scienza in summa è tutto inganno,
però né ai savi credo, né indivini
oggi per nostre man si troveranno.
Durach.   Toi parlamenti a me paion divini,
ma una conclusion vo’ che facciamo,
per servar del mandato i soi confini.
     Quei che son manco pazzi ne troviamo:
quelli saranno i savi. E chi dilonga
men da la brocca, quel divin diciamo.
     Cosi la cosa adunque si componga,
cerchi ciascun di noi quanto piú vale,
per vie diverse e poi in un punto gionga,
     che, come il re verrá sul tribunale,
savi e indivini ch’arém ritrovati
ciascun presenti al trono suo immortale:
     cosí adempiti arém nostri mandati.