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Samar.   Acciò che intendi ancora quel ch’è ordito,

sappi, Assamberch, che il re Faraone
ha preparato un bello e gran convito.
     Ai servi soi facendo menzione
de’ servitori, il primo suo coppiero
gli venne in mente, il quale è qui in prigione;
     e del pistor gli venne ancor pensiero,
che qui si trova, e dato ha la sentenza
in questo modo, acciò che sappi ’l vero.
     Col suo coppiero eli’ usa tal clemenza,
che vói sia liberato e che ’l ritorni
al loco suo: cosí gli dá licenza.
     Sopra il pistor, non vói che piú soggiorni,
ma il consegni a costoro incontinente,
ché vói che sian forniti li soi giorni;
     e che costor lo menin di presente,
taglin la testa, il corpo ponghin poi
sopra una croce, esemplo a tutta gente.
     Questa fia la sentenza d’ambidoi;
adunque esequirai quel ch’io commetto
di voluntá del re: fate mo voi.
Assamberch.   Servar conviene a me il regai precetto.
Ecco, fanti, il pistor ch’io vi consegno,
mandate la sentenza voi ad effetto.
     E tu, coppier, ché’l re t’è sta’ benegno,
ecco la porta aperta al tuo piacere:
parti a tua posta, ch’io non ti ritegno.
Coppiero.   Il re mi sa mill’anni a rivedere
per poterlo adorar, ringraziando
la sua clemenza e sua virtú e sapere;
     ché ricordato si è del servo quando
era in triunfo, in festa et in letizia:
io vado d’allegrezza lacrimando.
     Ioseph, io voglio aver la tua amicizia,
ché interpretando il somnio, il ver dicendo,
levasti dal mio cor tanta tristizia;