Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Operette morali, Poesie latine e volgari, 1929 – BEIC 1788337.djvu/206

So ben che quel che fai tutto è dovere,

e senza causa tua bontá non opra,
però pel meglio tutto voglio avere.
Prego la grazia tua, Signor, che sopra
di me discenda e per la tua clemenza
ogni mia colpa e vizio si ricopra.
Dammi, Signor, perfetta pazienza
e la mia libertá, quando a te pare.
Ti ricomando infin la mia innocenza.
Assamberch.   Ioseph, prima che intri io ti vo’ fare,
per la tua giovinezza, un parlamento:
ch’ io ti voglio, ov’ io posso, sollevare.
La grazia del tuo aspetto fa argumento
che invidia piú ti noccia, che ragione:
però ti voglio dar qualche contento,
seguendo ancor quel dir de le persone,
che chi è formoso sempre seco porta
la carta sua di commendazione.
Non arai qui da me mai cosa torta,
e di tutti serai capo e maggiore:
questo disagio al men che pòi comporta.
Del tutto tu serai dispensatore,
persone e robbe, senza veder conto.
Farai quel ti parrá, come signore.
Altro non ti so dire, intra in bon ponto;
ché possibil non è che a tua salute
al fin non torni questo, ove sei gionto.
Ioseph.   Io ti ringrazio quanta è mia virtute.
Intro qua drento molto arditamente;
non creder che ’l voler di Dio rifiute:
come agnel mansueto e paziente.