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Assamberch.   Óra, ch’io son contento d’aspettarti.

E da qui inanzi tien questo per certo,
ch’ogni piacere io son disposto farti.
Ioseph.   Eccelso e grande Iddio, so ch’io non merto
parlare a te, ch’io son cenere e polvere,
e tu infinito ben, chiaro et aperto.
     Ma se per tua clemenza mai dissolvere
ponno i miseri lor calamitade,
de l’ardir mio prego mi vogli assolvere.
     Tu sai, Signor, che in tutta la mia etade,
seguendo del mio padre i bon precetti,
io t’ho onorato in pura veritade.
     E sempre i boni a me furono accetti,
e casto e pio son stato: ahi, dolce Dio,
tanti mal sopra me perché permetti?
     Perché son stato tolto al padre mio,
perché dei cari panni mei spogliato,
perché in una cisterna fui mess’io?
     Perché dai fratei mei calunniato,
perché ad esterna gente poi venduto,
perché da la mia patria poi scacciato?
     Perché in Egitto ancor poi rivenduto,
perché a torto accusato, a torto preso,
perché mo posto in career non dovuto?
     Signor, noi dico a te acciò sia inteso,
so che ’l mio pianto a te non è nascosto,
e so che sai se tu sei da me offeso.
     E non lo dico perch’io sia discosto
dal voler tuo, Dio santo e reverendo,
qual sempre seguitare io son disposto;
     ma el dico, Signor mio magno e tremendo,
per pregarti che sii ver’ me benegno,
ch’esser al colmo ormai dei mal comprendo.
     Se pur, Signor, ti par che ancor sia degno
di piú supplizi, segui il tuo volere,
fin che la mia misura sia al suo segno.