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     So’ armato di iustizia e ventate,

et ho la conscienza pura e netta:
non temo alcuna umana potestate.
Asappo.   Se arai fallato, sen fará vendetta.
Vien pur con noi, faremo il nostro offizio,
fin che la guardia in la prigion ti metta.
     Odi, Assamberch, che per alcun flagizio
che ha commesso costui, vói Putifaro
che tu lo tenghi, pel suo malefizio,
     con bona guardia, per quanto tu hai caro
di Faraon la grazia e la tua pace.
Tu hai inteso, ch’io ti parlo chiaro.
     Noi tei lassamo, se ben gli dispiace,
in tua balia; or tu el rinchiudi e serra,
e fa’ di lui tutto quel che ti piace:
     chi al patron obedisce al fin non erra.

SCENA Vili

Assamberch e Ioseph.

Assamberch.   Odi, figliol mio bel, quel ch’io vo’dire.

Qui ti bisogna intrare: el mi rincresce,
ma, come sai, conviene a me obedire.
     Io so (com’è dover) ch’anco a te incresce,
ma sta’ con pazienza, che ’l dolore,
quanto il nutrichi piú, tanto piú cresce.
Ioseph.   Assamberch, fa’ pur quello ch’è tuo onore.
Io ti ringrazio assai del tuo conforto,
ma non bisogna troppo al mio gran core.
     Gran core dico, ché drento gli porto
iustizia, veritade et innocenza:
per questo ogni infortunio ben sopporto.
     Ma ben ti prego, per la tua clemenza,
aspetta un poco e non voler gravarti,
fin ch’oro alquanto a Dio, in tua presenza.