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     Mutate, o fratei mei, vostra sentenza!

Perdonanza vi chiedo in ginocchione,
disposto servo a vostra obedienza.
Asser.   Non ci bisogna qui tua orazione!
Leva pur su, qui drento in tua malora,
in questo fondo la vita depone!
  (d’accordo lo metteno ne la cisterna)
Dan.   Va’, insomnia mo! va’, di’ ch’ogni om t’adora,
padre, madre, fratelli! Or li ti sta’,
che freddo e fame e vermi ti divora!
Asser.   Come ben fatto abbiamo! E cosí va:
chi crede ingannar altri, è ben ragione
che sia ingannato lui. Cosi si fa!
     Facciamo, se ’l vi pare, colezione:
poniamoci a seder qui in l’erba fresca,
poi che ci abbiamo tolto tal moscone.
Neptalin.   A me par mo ch’ogni cosa m’accresca,
che levato ci abbiam costui da dosso,
e che nissuna cosa piú m’incresca.
Ruben.   Io non ho fame ancor, mangiar non posso.
Me n’anderò, fin che mangiate, a spasso:
questo caso m’ha pur troppo commosso!
Gad.   Vedo qua da lontan del monte a basso,
che ne vien molta gente a piè e a cavallo,
e vengon per la strada di bon passo.
     Credo sian caravane, s’io non fallo,
d’ismaeliti e d’altri viandanti,
che van da Galaád e fan qui callo:
     e penso che sian quelli mercatanti,
che portali rasa e mirra e speziarla
lá per Egitto e passan qui davanti.
Iuda.   Se l’è cosí, mi viene in fantasia
che noi pigliam partito assai migliore
di questo Ioseph, per un’altra via.
     Che utilitá trarrasse o che favore,
se questo fratei nostro morto aremo
(ché morirá se non fia tratto fòre)