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     La morte mia, fratelli, a voi che giova?

a che nel vostro sangue incrudelire,
se in me peccato o iniuria non si trova?
     Pensate che no’ abbiam tutti a morire,
pensate che dal cielo ancor potria
iusta vendetta sopra voi venire.
     Quanto dolore e qual malinconia
sera nel padre nostro ancor pensate,
quando ara nova de la morte mia!
     Di lui vi mova almen qualche pietate,
dolcissimi fratelli, ché pur semo
del sangue suo: però mi perdonate!
Asser.   Fin che orecchie a costui noi ne prestemo,
che sa componer ben sue parolette,
quel ch’abbiamo proposto non faremo.
     Ligamogli le braccia, che sian strette.
Vien’ pur con noi, che la tua leggerezza
ara quel che l’insomnio ben promette!
Ioseph.   O dolce padre mio, quanta tristezza
vedo nel petto tuo, quanto dolore!
Come fia sconsolata tua vecchiezza!
     Il tuo diletto Ioseph qui pur mòre,
e tu noi vedi, né lo può’ aiutare:
de la tua doglia mi si strugge il core!
     Ahimè, che non mi giova il mio chiamare!
O bon Iacob, o padre benedetto,
questa morte crudel mi convien fare.
     O Dio immortale, o ben summo e perfetto,
senza il qual non si move cosa al mondo,
e tutto vedi con benigno aspetto,
     io t’apro il mio secreto e nulla ascondo.
Son senza colpa e senza alcun peccato:
abbi pietá di me, Signor iocondo!
     Ti prego, che al mio padre sconsolato
virtú doni e fortezza e pazienza,
quando de la mia morte fia avvisato. —
     P. Collenuccio, Opere - n. ii