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     A questa terza pianta altro non costi:
quanto ebbe la seconda, tanto dona
135in questa, e quella cura qui non osti.
     Letame, acqua, roncon cosí consona
il torcer o tagliar quella radice:
legata al pal, dal vento si ripona.
     Un dito sia piú sotto, e ancor si dice
140che ’l vaso a questa intorno si consente,
e tanto a questa quanto a l’altre lice.
     Ecco tre anni ormai da la semente;
il quarto crescerá ’l lieto arboscello
a quattro piedi: si ti poni a mente.
     145Allora con la mano o col coltello
leva la cima de la tenerezza,
acciò che in tondo cresca e sia piú bello;
     ma fa’ che tutti li anni, con destrezza,
vergella o germinetto, che d’intorno
150nasce, a le piante togli, e con fermezza
     in suso tira, e guarda ben che ’l corno
del falcetto la scorza non offenda,
e forzati al tagliar non far ritorno.
     Converrá allor che l’arbor si distenda
155in tondo, e in se medesmo ’l suo vigore
terrá, sempre ingrossando fin che ’l renda.
     Questo al quart’anno: il quinto poni il core
a veder la grossezza, ch’a cinqu’once
ascenderá o circa ’l suo valore.
     160Or qui la nova terra ben s’acconce
col ferro e col letame a filo e sesto,
che quel ch’ora farai piú non si sconce.
     Et a fare il giardin qui serai desto,
ché non piú seminario né vergella,
165ma un arbor giá da frutti será questo.
     Le fosse cava, e fa’ che si divella
l’una da l’altra tre gran passi ad occhio,
poi l’ordina con squadro e con livella.