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rienza a sentire qual fusse lo stato de la nave, che senza nocchiero e governatore si trovava. Imperocché circa li anni di Cristo 409 Alarico visigoto e cristiano, successore di Radagaso suo zio nel regno dei goti, con esercito di circa ducento mila di loro per la via del Friuli entrò in Italia per passare in Gallia: ma offeso da la perfidia di Stilicone vandalo, capitano di Arcadio e di Onorio imperatori figliuoli di Teodosio magno, voltò l’esercito verso Roma e ne l’anno 410, imperando Onorio solo et essendo nel pontificato Innocenzo I, assediò e prese Roma per forza e misela a sacco non perdonando a persona, salvo a quelli che ne le chiese s’erano ridotti. E stato tre di solamente a Roma, passò con tutto l’esercito nel regno di Napoli e in preda a ruina pose tutta Campania e Lucania e terra di Bruzzi, ove stando a Regio in deliberazione di passare in Sicilia, e fattone qualche prova, ributtato in terra da naufragii, infine a Cosenza mori. Li suoi goti di molti et eccessivi onori li suoi funerali celebrorno, e tra le altre cose feceno a li prigioni che aveano derivare da l’usato suo corso il fiume Busento, e in mezzo del letto del fiume cavata la sepoltura, dentro il corpo di Alarico con infinito tesoro collocorno: poi feceno il fiume nel suo letto ridurre e ricoprire la sepoltura, acciò che mai non si potesse rivelare il loco di essa. Tutti li miseri prigioni che a quell’opera erano stati condotti, crudelmente ucciseno e loro a Roma se ne tornorno; e di nuovo posto in preda quello vi era rimasto, con Ataulfo parente di Alarico e da loro creato re, in Ispagna se ne andorno. Questa fu la prima calamitá che per opera umana il regno di Napoli dappoi lo imperio di Augusto Cesare sentisse. Farò un poco di digressione in questo loco, acciò che la condizione de l’imperio a quelli tempi si intenda. Successe ad Alarico Ataulfo suo parente e per donna tolse Placidia sorella di Onorio, fatta prigione ne la direpzione di Roma, donna prudentissima e di somma religione. Questo Ataulfo vedendosi avere in mano Roma e Italia, in tanta arroganza pervenne, che fu in pensier piú volte di cancellare in tutto