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Luigi da Padoa, cardinale e patriarca di Aquilegia suo intimo amico, a Terracina, subito amicizia e lega col re concluse. La somma de le condizioni fu questa: che ’1 papa constitui Alfonso e suoi successori legittimi re di Napoli, investendolo di quello e aggiungendoli Terracina, e Fernando (altri Ferdinando) suo unico figliuolo naturale, nato d’una giovine valeriana, per dispensazione a la successione del regno abilitò; da l’altra parte Alfonso la recuperazione de la Marca con ogni sua industria e forza li promise, e Civita Ducale, e Cumulo e la Matrice, terre di Abruzzo, a la Chiesa restituí. Finita la conclusione de la lega, il re si fece venire a Terracina per via di mare Nicolò Picinino capitano d’arme, col quale tre di consultò il modo de lo acquisto de la Marca, e lo condusse a li suoi stipendi; e tornato a Napoli, usci in campo al maggio de le rose e, fatto un potente esercito, deliberò in persona, ancor che obbligato per capitoli non fusse, venire a l’impresa de la Marca. Il primo viaggio fece a l’Aquila, la quale desiderava vedere, e non ostante che molti il dissuadessino per dubbio di Antonuccio, il quale essendo capo di parte Camponesca e tutta angioina, allora governava, entrò con somma fiducia ne la terra e fu con ogni dimonstrazione di amore e di fede ricevuto. Poi procedendo venne nel Ducato e per la prima terra acquistò Visso a la Chiesa, la quale per il conte Francesco si teneva; poi non ostante che ’1 duca Filippo li avesse mandato Piero Cotta e Giovanni Balbo oratori per levarlo da l’impresa contra il conte suo genero, nondimeno per osservare la fede entrò ne la Marca, e con l’esercito si pose tra Monte Melone e Montecchio, e condusse a’ suoi stipendi Mannabarile e Troilo da Rossano e Piero Brunoro da Parma, ottimi soldati che dal conte Francesco si erano rebellati. E alloggiato sul fiume di Potenza, facendo scorrere il paese acquistò molte terre, e tra le altre San Severino, Tolentino, Cingulo, Macerata e Iesi, e fece porre a sacco Apignano, poi andò a la Rocca Contrada, la quale era in guardia di Roberto da San Severino; statoli cinque di intorno e vedendola inespugnabile, calò cinque miglia lontano da Fano, ove il