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ratore, addatoli incontro, li ruppe per terra e per acqua e in piú volte vincendoli, al numero di trecento mila ne occise e prese; quella parte di loro che di lá dal Danubio ne la Sarmazia provincia romana era rimasta, Constantino Magno la debellò, e in fine poi con essi fece pace, lasciandoli quella provincia per loro abitazione, e da quel tempo in poi sempre quasi con i romani ebbeno piú presto amicizia e pace che guerra, e con loro militorno. Et essendo stati circa settanta anni in Sarmazia, li unni, terribile nazione di Scizia, sopravenendoli addosso li vinseno e li tolseno la provincia al tempo di Valente imperatore: il quale, per paura che li unni non passassino contra di lui di qua dal Danubio ne le provincie de l’imperio, per valersi del presidio dei goti li ricettò ne la Mesia e ne la Tracia, e feceli fare cristiani, benché secondo la setta de li eretici ariani, la quale esso Valente ancor tenea, e condusseli al suo stipendio. Ma non passando poi li unni il Danubio, anzi andati verso la Germania e occupati in gran guerre contra burgundioni e altre nazioni ponentine, quelli de l’imperio, come liberi da la paura de li unni, trattavano male li goti né li pagavano li loro stipendi; il perché da sdegno e da necessitá costretti, si rebellorno da Valente e ammazzorno li suoi officiali e tesorieri, e occuporno la Mesia superiore e la Dacia Ripense, che è tra le due Mesie di qua dal Danubio, e la Tracia, ponendo ne le fortezze lor gente e presidii. E andandoli incontro Valente, in una gran battaglia appresso Adrianopoli fu rotto e bruciato in una casa di un villano; e non è dubbio che li goti in quel tempo si seriano fatti signori de l’imperio, se non che Graziano, imperatore che successe a Valente, chiamò d’Ispagna Teodosio uomo valoroso e se lo fece compagno ne l’imperio. Il quale venuto a Constantinopoli, in varie battaglie domò li goti e indusseli a pace con l’imperio, con tutte quelle condizioni e stipendi che volse. Perseverorno poi li goti ne l’amicizia e stipendio de li imperatori romani sino a Radagaso e Alarico, che tenne la Spagna e prese Roma e insin a Teodemiro re pronepote di Alarico: il quale venendo insieme con Valemiro suo compagno