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e un’altra comitiva di gente: li quali poi mal capitorno, imperocché in quella gran battaglia che l’ultimo giorno di agosto nel 1315 fu fatta a Monte Catino, ove per la parte de’ ghibellini fu vincitore Uguccione predetto e Castruccio Castracane che con lui militava, Piero duca di Gravina fuggendo si annegò in certe paludi, Carlo figliuolo di Filippo fu morto e Filippo principe di Taranto fu prigione.

Et essendo poi oppressa Genova da li suoi ghibellini, li guelfi donorno la cittá a Roberto ne l’anno 1318, con questo, che la soccorresse; onde subito li mandò le genti ch’ el aveva in Toscana, e lui per mare con mille e ducento combattenti e con Filippo e Giovanni suoi fratelli e molti baroni si condusse a Genova: ne la quale fu onoratamente ricevuto, e per se e per il papa la tenne. Tutti li ghibellini con le loro famiglie si ridusseno a Savona, e nondimeno fatto lega col re Federico di Sicilia e con Marco Visconte da Milano vennero a le mura di Genova combattendo in modo, che ’l re Roberto stette quasi sei mesi assediato; e bisognava che lui in persona e li suoi baroni fussino ogni di sopra le mura con le spade in mano, e fu necessario che mandasse per aiuto a Fiorenza e a Bologna: et ebbelo di molti fanti e cavalli. E messer Marco Visconte lo richiese di battaglia, e per non essere pari le condizioni de le persone, lui li dette repulsa. Usci poi con quaranta galee di Genova e andò a Sestria, ove smontato in terra ruppe li inimici; poi andò in Avignone a invitare Giovanni XXII fatto pontefice, col quale stette piú giorni: e li si scoperse un trattato di alcuni mandati da Castruccio per ammazzarlo, ovvero, non succedendo questo, per farli bruciare la galea nel ritorno, i quali furono debitamente puniti. Li suoi rimasti a Genova in quel mezzo con gran fatica per dui anni sostennerno lo assedio e finalmente rimaseno superiori l’anno 1320.

L’anno sequente infestando pur li ghibellini tutta Lombardia e ancor Genova, Giovanni pontefice e Roberto cercorono di far tregua con Federico di Sicilia per tre anni per poter meglio attendere a l’impresa di Genova. Ma P’ederico