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influenza delle idee nuove e in mezzo ai benefizi di ogni civile e razionale progresso, dovessero di nuovo adagiarsi tranquillamente sotto il dominio di vecchie e dispotiche legislazioni, di odiosi privilegi, di burbanzose intolleranze, d’insopportabili censure, esumate dal trattato di Vienna del 1815.

Quanto più violenta era stata l’azione della rivoluzione contro i secolari abusi e le antichissime nequizie, e altrettanto violenta doveva essere, necessariamente, o fu l’azione della vittoriosa reazione la quale si avvolgeva nel fastoso, ma ormai logoro e sdruscito paludamento della legittimità: i vincitori di Napoleone non potevano comprendere la legge storica, inesorabile, superiore a qualsiasi forza umana, che sospinge l’umanità sulla via del progresso intellettuale, morale e civile e che debbe addurla e l’adduce al massimo grado di perfezionamento, onde essa è suscettibile. Il diritto divino e il diritto storico, rappresentati a Vienna dagl’imperatori di Russia e d’Austria e dal re di Prussia, sopraffatti per mezzo secolo dal diritto popolare o moderno, si tennero da tanto di poter arrestare quella corrente di idee che noi chiamiamo civiltà e che essi dovevano logicamente considerare e chiamare demoniaco pervertimento.

E, se tutti i Governi d’Italia, posti sotto la tutela dell’impero austriaco, iniziarono e svolsero tale politica di reazione, più rigidamente di tutti a tale politica si attenne - non ostante le buone intenzioni, le illuminate cure e gli energici tentativi del sapiente e avveduto cardinale Ercole Consalvi - il governo pontificio, per l’indole e per le tradizioni sue chiesastiche, dogmatiche e settarie, intollerante di ogni benchè più mite e innocua libertà ed uguaglianza, tenero di ogni maniera di privilegi e ostile a qualsiasi più razionale e proficua innovazione.

Conseguenza della tirannide nuovamente inaugurata fu, per ciò che riguarda l’Italia, la compressione violenta delle due rivoluzioni napolitana e piemontese del 1820 e del 1821, rivoluzioni di carattere carbonaro e militare; e poscia la continua compressione dei potenti desiderii che agitavano il petto della parte più eletta degl’Italiani, amore d’indipendenza dallo straniero, brama di riforme liberali, anelito a ricomporre le sparse membra della patria ad unità nazionale, federale od unitaria che ne dovesse e ne potesse essere la forma.