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italiana che nessuna influenza estranea, anche intensa e secolare, potè estirpare dal nostro suolo.

Le conquiste vandaliche e le incursioni saracene non lasciarono nell’isola nostra traccia alcuna d’arte e di vita: il governo di Bisanzio, la di cui azione, per essersi svolta da lungi, non fu mai nè intensa nè continua, lasciò edifici e sculture in cui l’elemento latino, invece d’esser soffocato, trovò nuova vitalità. Le forme artistiche bizantine in Sardegna, per recenti indagini, si manifestano già di un interesse che prima d’oggi certo non si prevedeva: le chiese di S. Giovanni di Sinis, di S. Saturnino di Cagliari, gli avanzi architettonici di Assemini, di S. Antioco, i frammenti decorativi e le epigrafi di Villasor e di Donori, di Mara e d’Assemini costituiscono un complesso d’elementi che mette in inaspettata luce questo periodo che si riteneva mancante di manifestazioni d’arte. La chiesa di S. Saturnino, ora dedicata ai Santi Cosma e Damiano, è il modello tipico di questo svolgimento architettonico.

La chiesa era costituita da un nucleo centrale coperto da volta a bacino con quattro navate in modo da formare una pianta a forma di croce greca.

Presentemente mancano le navate trasversali e di quella anteriore si hanno solo i muri perimetrali, ma malgrado ciò le antiche e primitive strutture sono chiaramente visibili ad occhi esperti.

La cupola a bacino, elemento tipico delle costruzioni bizantine, poggia sul tamburo, e il raccordo di questo a sezione quadrata colla volta semisferica è ottenuto mediante quattro peducci formati da due lunette intersecantisi secondo le diagonali. Questo raccordo è interessante dal punto di vista costruttivo, essendo qualche cosa di più evoluto e di più progredito di quel che non s’abbia nelle costruzioni anteriori al mille. Più tardi ricomparirà con frequenza in quelle cupole gotiche gettate in molte chiese della Sardegna sotto l’influenza delle forme architettoniche aragonesi.

All’ingiro della cupola è intarsiata con pietruzze trachitiche la seguente iscrizione: Deus qui incoasti perfice usque in finem, preceduta da una croce e terminante con una colomba.

Tutto induce a ritenere che la cupola dovea esser originariamente ornata di pitture, il che spiega la singolare disposizione delle lettere dell’iscrizione che furono probabilmente incavate negli spazi fra le diverse figurazioni.

Che la cupola colle quattro pilastrate sia anteriore al mille è dimostrato, non solo dalle caratteristiche strutture costruttive, ma anche dalle decorazioni delle belle mensole in marmo sulle quali poggiano gli

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