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e ai primi del XIV, caratteristiche trasformazioni che hanno pochi riscontri nelle altre regioni italiane. Finestre ogive, archi trilobati ed altri elementi gotici si stendono con mirabile armonia su strutture fondamentalmente romaniche, e le nuove forme architettoniche derivate da questa fusione costituiscono l’ultima espressione dell’influenza pisana, il canto del cigno dei discendenti di Buschetto.

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Le chiese di Pistoia, di Lucca e di Pisa furono i modelli cui s’inspirarono in Sardegna i costruttori toscani e gli artefici locali che educaronsi alla loro scuola. Dalle Chiese di S. Andrea e di S. Bartolomeo in Pantano di Pistoia, l’architetto della Chiesa di S. Pietro di Sorres in Sardegna tolse l’ornamentazione ad intarsi di pietre dure: le finestre dell’antica cattedrale di Suelli richiamano quelle di S. Pietro Maggiore in Pistoia, e le stesse modanature riscontransi negli avanzi dell’antico Duomo di Cagliari e nella Chiesa di S. Alessandro di Lucca.

Il secondo ordine e il frontone della facciata della Chiesa di Saccargia riproducono le strutture decorative della facciata di S. Giusto di Lucca, le di cui porte laterali trovano esatto riscontro nella porta principale della Chiesa di Santa Maria del Regno in Ardara.

La tomba ad arcosolio di S. Pantaleo par tolta dai sepolcri addossati alla Chiesa di S. Romano in Lucca, Le chiese di Pisa, alle quali le cave dei Monti Pisani fornirono il più bel marmo, ed artefici geniali la squisita eleganza della loro arte, contengono quasi tutte le forme decorative ed architettoniche sulle quali modellaronsi quelle di Sardegna. E quest’architettura, così rinnovata, Pisa svolse nell’isola nostra, con innato e squisito sentimento, dovunque la potestà opponeva le sue armi e gli artefici suoi scolpivano la Madonnina. Essa presenta un interesse che trascende dai limiti di un arte regionale in quanto ha il pregio di non aver subìto che lievi modificazioni, per cui quello stile, che in Pisa precedette l’architettura del Duomo, di S. Paolo in Ripa d’Arno, di S. Michele in Borgo e di S. Caterina, e di cui non rinvengonsi che pochi e incompleti frammenti, si ritrova integro in Sardegna senza alterazioni e senz’aggiunte posteriori.

Le tradizioni latine. che mai disgiunsero dall’architettura toscana. trovarono in Sardegna buon terreno. A mantenerle vive influirono le rovine di Olbia, di Torres, di Tarros e della stessa Cagliari, alle quali ricorsero largamente i costruttori delle nostre chiese. Le navate della


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