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trici che la traevan dalle libidini nazionali e straniere; avviliti gli ecclesiastici ravvolti in tutto ciò, compratori e venditori delle sedie vescovili e della stessa romana; avvilita la nazione intiera, la quale chiamò più stranieri in quel secolo e mezzo che non facesse mai, e la quale alla morte di Arrigo Sassone giunse al segno di accattare padroni in tutta Europa, Francia, Germania e Castiglia, e di far rifiutar sua servitù da tutti, salvo che dai Tedeschi, che non la rifiutarono mai. E so che que’ nostri inalterabili piaggiatori i quali quando non ci possono lodare ci scusano, e quando non ci possono scusare ci consolano col paragone de’ vizii altrui, diranno qui che quel secolo d’intorno al mille fu secolo di avvilimento a tutta la cristianità, ai signori nostri come a noi servi, ai compratori come ai venditori della nostra indipendenza. Ma io dico che in tali contratti, i venditori son sempre di molto più avviliti che non i compratori; eh; si fa servo, che non chi si fa padrone. E confermo e conchiudo: che la nazione italiana cadde allora più basso che non fosse mai ella o niuna cristiana; e che fu effetto di quel mal sogno del Primato Italo-imperiale. — Onde mi sembrano uscir poi due insegnamenti: che prima di mirare a primati si vuol arrivare a parità, e che la prima delle parità colle nazioni indipendenti, è l’indipendenza.