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municazioni, de’ commerci, ed in generale di tutti quegli interessi materiali che disprezzan forse troppo, ei vi si sono pur accinti, e qui forse più che in niuna cosa il principio importa seguito. Se non han data nè lasciata alle colture quella spinta, quella ispirazione nazionale, che sola fa di esse un fatto importante; essi non le hanno poi nemmeno fatte nè lasciale cadere in corruzione e viltà; vi hanno promossa quella sodezza che è vicina a virilità; e noi siam lungi dalle effeminatezze e dalle puerilità del Seicento, e da alcune stesse del Settecento1. — E si

  1. Io mi sono udito e veduto criticar qui e altrove per non aver parlato degli errori particolari di questo o quello o di tutti i principi Italiani. Ed io mi sono pur udito generosamente difendere coll’osservazione sommaria: che ad ogni modo da trenta o quarant’anni in qua nessuno scrisse così liberamente ed apertamente in Italia. Ed io ringrazio di vero cuore questi generosi di tale osservazione, e me ne vanto. Ma non posso in coscienza usurparla qui in iscusa; perchè in coscienza sento o almeno spero che quand’anche avessi scritto fuori, e fuoruscito od esule o fatto straniero, io avrei scritto al medesimo modo, senza entrare più di quello che ho fatto in quegli errori o colpe: e
    1.° Perchè ciò non entrava nell’assunto, nel cerchio, nel litolo del libro mio, che è delle Speranze e non dei timori o dei malanni d’Italia, che non è storia o raccolta di fatti presenti, ma congetture di fatti avvenire.
    2.° Perchè quanto più liberamente io scrissi, tanto meno volli cedere a quel vizio o purilo d’uscir dal proposito, e