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capo settimo 91

dal Colletta, la trista ma utile storia degli errori, delle impotenze italiane in quella ultima e grande occasione. — Francia anch’essa aveva avuta dopo il suo primato la sua corruzione, il suo Seicento; dopo il secolo xvii e Ludovico XIV, il secolo xviii e Ludovico XV. La corruzione francese fu diversa dalla nostra, secondo la diversità dei tempi e delle nazioni; fu minore nelle condizioni politiche e civili, uguale forse ne’ vizii, molto minore in lettere, molto maggiore in teorie e filosofie; ma in somma fu pur grande corruzione. E scoppiata in sovvertimento della intiera nazione, minacciò sovvertire l’altre cristiane. Sollevaronsi quasi tutte queste con tra Francia, Francia contra esse; e ne seguirono invasioni di qua, invasioni di là, tentativi di repubbliche, tentativi di monarchia universale; ma all’ultimo (tal è la virtù intima, la vitalità della Cristianità) ne risultarono il fine di quell’impostura, durata 1005 anni, dell’Imperio romano, Francia tornata ne’ suoi limiti e riordinata sotto alla sua schiatta regia, Germania meglio ordinata, Spagna diminuita ma ridestata, le colonie spagnuole salite a indipendenza; salita Inghilterra a quella grandezza che reggiamo; la Cristianità, a malgrado i difetti di quell’ordinamento, più che mai costituita addentro, più che mai trionfante fuori a tutti i limiti suoi. — Ma l’Italia? Non facciamo su di essa ipotesi retro-