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LETTERA DI MAESTRO PASQUINO

Messer Lodovico Castelvetro, la vostra censura sopra la canzone del Caro, con molte altre cose che mi sono state riferite de’ fatti vostri, m’hanno fatto conoscere che voi siete d’un genio conforme al mio, percioché dite volentier male, e d’ognuno e sopra ogni cosa: o vero o falso che vi diciate, o lode o biasimo che ve ne torni. Ed oltre all’esser d’una medesima professione, intendo che saremmo anco d’una medesima fattezza: se non ch’io mi truovo avere il capo di marmo, e voi l’avete di vetro. Che io non abbia poi né gambe né braccia, e voi si; che io sia piú svisato e manco nasuto di voi, e voi di piú fronte e piú cigliuto di me: questo non importa, perché sono accidenti che, seguendo il nostro mistiero, possono avenire ancora a voi. Basta per ora che quel tanto, ch’io truovo fin qui di somiglianza tra noi, m’ha giá desto un gran desiderio d’essere amico e corrispondente vostro, e d’aver anco lega con esso voi. E se ve ne contentate, vi prometto che l’uno per l’altro faremo bene i fatti nostri. Perché voi sarete di costá Pasquino per me; ed io sarò di qua Castelvetro per voi. Ed ambedue insieme correremo per nostro questo regno della maledicenza. Il che non si può fare se non ci accozziamo insieme; percioché (per malèdico ch’io sia) non m’arrischio volentieri a volerla con gli scrittori, non avendo altra lingua che la lor penna. Ma, ristrengendomi ora con voi, che siete cosi acerbo nimico loro, e che per tutti loro mi potete servire, m’affido ancora contra d’essi di farmi valere. Dall’altro canto, se voi non vi collegate con me, state fresco, perché l’affronto ch’avete fatto al Caro, v’ha messo alle mani