Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/67

scrivere e di ben ragionare? Non si sa e non s’intende questo per ognuno, ancora che non si dica? E se se ne dice una parte, non è piú che non bisogna, quando l’altra ci s’intende di necessitá? Invocandosi, come dir, Marte alla guerra, non s’intenderebbe per l’ordinario, a combattere e vincere, senza che si dicesse ninna di queste cose? E se s’invoca, oltre di questo, a vincere, e ’l vincere presuppone il combattere, non è piú che da. vantaggio? Cosi medesimamente, quando le muse s’invocano a scrivere, non s’invocano a pensar di scrivere? Come è possibile che si scriva, che non si pensi? Ma, se l’aveste ad invocar voi, credo bene che di necessitá l’areste a chiamar nominatamente a pensare: perché solo voi non fate in questo come gli altri; con ciò sia che gli altri tutti scrivendo pensano, e voi scrivete non pensando a cosa che vi scriviate. Ma in fatti voi avete l’asso nel ventriglio: per riscattarvi, non vi curate di perdere. Ed anco a quest’altra dirò: mettete su. «Il Petrarca quando usò ’stile e lingua’, ’parli e scriva’, non usògli mai intendendo d’una canzone e d’un sonetto solamente». O che monetuzza di scorze di lupini è questa che mi mettete innanzi, di nulla impronta e di nulla valuta? Lo stile non s’intende d’ogni sorte di scrivere, e la lingua d’ogni sorte di ragionare? e cosi lo scrivere e ’l ragionare di tutte le lor spezie? O perché non d’un sonetto o d’una canzone? Quando il Petrarca dice:

Tacer non posso, e temo non adopre

contrario effetto la mia lingua al core,

la lingua, in questo loco, non s’intende del parlare e dello scrivere che vuol fare in questa canzone? Che cose son queste che voi dite? e a chi le dite? e a che proposito? Non vedete che per una posta n’avete giá perdute molte? Io credo che siate tanto inebriato in questo giuoco, che non veggiate pur i punti. Avetene voi piú? Venite via con tutti, ché v’invito del resto. Ma cavate fuor di nuovo, perché vedete che ’l Petrarca non vi fa piú buono.