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Predella

«Idolo», per se stesso, non so che significhi altro che «imagine»: e tra’ cristiani quella imagine e quel soggetto che i gentili adorano per iddii. Onde che a dir «idoli nostri» mi par che si dica a suffizienza quelli che noi adoriamo, come se dii fossero. Voi ci vorreste, di piú, non so che «consolazion di parole». La prima cosa vorrei sapere, se questa «consolazion» è quella di Buezio, o pur un’altra; perché mi par usata in un senso molto di lá daH’oltramarino, se giá non fosse cavata dal ceneraccio di fra Luca dal Borgo. Ma ciò non importa: abbiatevi questo privilegio voi, di non esser tenuto ad intender altri quando parlano in cristiano, e d’essere inteso voi quando canzonate in furbo. Volete dir forse che bisognava mitigare, temperare, accompagnare o, secondo il significato di fra Luca, far di questa voce con altre, come di metalli, una lega, che la facessero sonare in buona parte: come se, per legata o dislegata che sia, non sonasse sempre il medesimo. Il Petrarca, quando dice in quel loco:

Non fate idolo un nome > vano...

e in quell’altro:

L’idolo mio scolpito in vivo lauro,

f

tanto intende che Italia adorasse quel nome, quanto egli madonna Laura. E non veggo come voi veggiate che una volta significhi bene, e l’altra male: con ciò sia che, quanto al parer Dio, suoni sempre bene e, quanto al non esser veramente, suoni sempre male. E, se lo volete veder chiaramente, in loco d’«idolo» mettete Dio, e dite cosi: «Il mio Dio scolpito in vivo lauro»; e «Non fate Dio un nome vano». Ne séguita per questo che l’accompagnatura o scompagnatura delle parole faccia significar questo nome di «Dio» altro che bene? Non vedete voi che quelle parole «scolpito in vivo lauro» non sono per