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avendo parlato in un loco di Lavinia, e nell’altro della casa di lui? E ’l Petrarca non dice egli proprio:

Di ciò m’è stato consiglier sol esso;

avendo parlato d’Amore? Per aggiunta, non dice il Bembo: «Facitore ancor esso di queste parti», avendo parlato del Numero? Che differenza fa la nobilissima lingua vostra dal dir cosi a dir come dice il Caro: «Madre ancor essa», avendo parlato della Gallia? Questi son pur d’una medesima sorte parlari. Ma ditemi: i pronomi non s’usano in questo modo indifferentemente? che quando sono cosi soli, o diventano sostantivi essi stessi, come di sopra s’è detto, o gli presuppongono come manifestati davanti, o gli replicano come sotto’ntesi dipoi. O se voi siete una lucciola che vi mettete il lume dietro, «che posso far io», se non ci vedete né di dietro né davanti?

«Suo merto e tuo valore». Dite che «è nuovo senza ’per’». Avete detto bene, volendo dir male: è nuovo e bello. Ma la forma del dire è antica e gentile e graziosa. «Vostra mercé», disse il Petrarca; «la Dio mercé», il Boccaccio; «nostra pena e mia ventura», il Bembo; «vostre colpe», il Guidiccione; «tuo danno, sua disgrazia», dice ognuno. E «vostra gentilezza» e «vostra cortesia» si potrebbe dire, ma non giá di voi, che, scortesemente ributtando questa bella maniera di dire in merto e valore, mostrate assai bene che non la meritate e non la valete. «’Mercé’, ’tempo’ e ’grazia’ — dite voi nella Replica — si truovano solamente con questa perdita di ’per’». Vi intendo: voi volete che le figure individue di dire vengano da forme che si rompano poi come quelle dell’artiglierie, o da conii che si logrino, come quei delle monete; e che, per una o per poche cose che se ne cavino, non se ne possano far piú della medesima fatta. Ma la bisogna non va cosi : percioché, quando le forme o le stampe son buone come son queste, ognuno, che le sa maneggiare, vi può far dentro gli impronti e gli getti suoi; perché, operando buona materia, le forme sono sempre le medesime, e le figure tutte vi vengono garbate e nette a un modo. Ma voi, come maestro che siete di chiose e di stagnini, non.