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cui per insino alle capre s’innamorano e veggiamo che obbedienza gli rendono? Io non so come egli si dimori qua giú per terra: e, dimorandoci, doveremmo saper grado all’aquile di Giove che ci lo lasciano. — Voleva Gnatone, infervorato, seguir piú oltre, quando Astilo, della sua risposta e specialmente dell’ultime parole dolcemente ridendo, disse: — Oh, quanto grandi oratori fa egli questo Amore! — E, senza piú oltre ascoltarlo, gli si tolse davanti, con animo d’aspettar occasione d’impetrar Dafni dal padre per suo ragazzo. Ma Eudromo, che da un cantone del tempio, secretamente origliando, aveva a un di presso compreso come la bisogna andava, sdegnoso che una tal bellezza divenisse preda di si sozzo briccone, incontanente Lamone e lui ne fece avvertiti ; di che Dafni sbigottito restando, fece pensiero o di fuggire insieme con la Cloe o di morire, e di tutto con esso lei si consigliava. Ma Lamone, chiamata Mirtale da parte, un poco fuor delle stanze: — Moglie mia — le prese a dire, — noi siamo rovinati: venuto è ’l tempo, che ci fia forza a rivelare il nostro segreto. E se le capre n’andranno in dispersione, ed ogn’altra cosa a traverso, sia che vuole; ché, per Pane e per le ninfe, quando mai non restasse (come si suol dire) nella stalla altro bue che io, non voglio mancare di far palese la condizion di Dafni, e come l’ho trovato, e come l’ho nutrito, e di mostrar gli arnesi ch’erano insieme con lui, accioché sappia questo vituperoso di Gnatone, sendo lui chi egli è, di che sorta giovine vuole per innamorato. Va’ dunque, e mettimi i suoi contrassegni a ordine. — Cosi sendo restati di fare, un’altra volta entrarono in casa. In questo mentre Astilo, trovato Dionisofane sfaccendato, gli si fece innanzi dicendo: — Mio padre, io voglio una grazia da voi: che mi lasciate menar Dafni nella cittá per mio servidore, percioché è bel giovine, ed ha non so che piú degli altri contadini, oltreché egli è atto ad imparar da Gnatone mille piacevolezze. — Perché no? — rispose il padre. — Io ne son ben contento. — E fattisi chiamare Lamone e Mirtale, disse loro il buon prò della ventura di Dafni, che egli divenisse cittadino, e che, dove prima serviva le capre e i becchi, avesse per innanzi a servire suo figliuolo, e promise dar loro in sua vece due altri caprari. Allora