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RISENTIMENTO DEL PREDELLA

Io, che sono usato di tacer sempre e d’udir solamente gli altri parlare, non mi posso contenere di non rispondere a voi, messer Lodovico Castel vetro, sentendo le frivole e le pazze cose che v’è parso di dire contra la canzone del Caro, e’l modo villano e dispettoso con che l’avete dette, che farebbe dall’un canto ridere, dall’altro stomacare i muricciuoli, non che le predelle. E non vi paia strano che io parli di cose di maggior considerazione, che voi non aspettate da un bidello mio pari :

perché io converso continuamente per le scuole. E, se bene

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m’accosto piú con gli stoici, non m’allontano però tanto dai peripatetici né dagli altri che scrivono e parlano, che, per minimo ch’io sia di Banchi, non gli intenda, e forse meglio di voi, che in questo genere volete parere una catedra, e non siete pur un trespolo. Ma, per rispondervi capo per capo, secondo il vostro ordine, vegniamo a quel che dite nella vostra censura: che il Petrarca non userebbe «cede» ed altre voci che seguono. E primeramente in commune, di tutte; di poi, separatamente di ciascuna, cosi vi rispondo. Se voi diceste che ’l Petrarca non l’avesse usate, vi si potrebbe credere, perché siete molto pratico nel vocabolario. Ma, dicendo affermativamente «non l’userebbe», bisogna intender se l’avete di buon loco, e quel che voi ne sapete; se per aventura spacciando, come fate, il nome e ’l senno del Petrarca, vi fosse entrato il suo spirito in corpo: ché in questo caso, o quando l’aveste per revelazione, o per qualche altra demostrazione, purché non fosse del vostro cervello, mi contento che sia quel che dite; e il Caro terrá di averle male usate, avendo il Petrarca per principe de’ poeti in questa lingua e per degno di riverenza e