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RAGIONAMENTO TERZO

Giunta a Metellino la nuova dell’armata de’ metinnesi, poscia rapporto loro da quelli che fuggivano la preda fatta, deliberarono ancor essi, per vendicarsi della ricevuta ingiuria, d’avanzarsi a muover l’armi incontra loro; ed incontanente, messi insieme da tremila targhe e cinquecento cavalli, gli spedirono a’ danni loro, sotto la condotta del capitano Ippaso, per la volta di terra, non volendo, per téma della tempesta, avventurarli per mare. Uscito Ippaso alla campagna, non curò di dare il guasto al territorio de’ metinnesi, non di far prigioni agricoltori e pastori, o di predare o danneggiare gli armenti e li poder loro, stimando che ciò fosse cosa da corsaro piú tosto che da capitano; ma, spingendo frettolosamente le sue genti alla volta della cittá, s’avvisò, trovando le porte sfornite di guardia, che venisse lor fatto di pigliarla d’improvviso. E, marciato avanti presso a dodici miglia, si fece loro incontro un trombetta de’ nemici, con pratiche d’accordo. Percioché i metinnesi, inteso ch’ebbero da’ prigioni che a Metellino di ciò ch’era avvenuto nulla si sapeva, ma che lo scandolo era nato da’ contadini e da’ pastori, che aveano i lor giovani ingiuriati, di si precipitoso ardire contra i lor vicini pentitisi, si affrettavano di restituir loro la preda fatta, non facendo poi caso di venir con essi alle mani e per mare e per terra. Spacciò Ippaso il medesimo messaggiero a Metellino, quantunque per se stesso avesse autoritá di disporre di tutte le occorrenze di quella guerra; ed esso, accampatosi con le sue genti poco piú d’un miglio lontano a Metinna, si stette aspettando la risposta della sua cittá: e due giorni dipoi giunse un capitano di Metellino, con ordine che, ripigliandosi la preda, che gli restituivano, indietro se ne tornasse; percioché, avendo innanzi il partito o di combattere o