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Pilucca. Di questo minerale non gli caverebbe giá uno archimista.

Marabeo. Odi come. Tenendo io questa giovine per forza, tu sai quel che me ne va. Il padron l’ha veduta; e, con tutto che sia sulle furie contra Gisippo, è anco in tanto amor di costei, che la vuol a ogni modo, e pagarmela. Disegna amazzar lui e menar lei. E cosi, poiché non n’ho potuto far dell’olio, ne farò dell’agresto.

Pilucca. Benissimo!

Marabeo. Intanto il governatore, avendone notizia, manderebbe per lei e per me, eh’è peggio. Imperò bisogna stare un poco sfuggiasco, e levar lei di casa.

Pilucca. E dove la metteremo?

Marabeo. Mastro Cerbone è ricovero di tutti i nostri contrabandi.

Pilucca. Si, si, benissimo! Ma come faremo che non sia veduta?

Marabeo. Stando, come tu sai, qui di rimpetto, apposteremo il tempo e la ’ntaneremo in un subito.

Pilucca. E cosi faremo.

Marabeo. Oh! vedi lá quella bestiaccia del padrone, che non ha potuto aver pazienzia di aspettare in casa che gli appostiamo

Gisippo. Io voglio andare a dar ordine di trabalzar costei. Va’ tu da lui; e, se Gisippo ci cápita, mostragliene e fa’ le viste di favorirlo, tanto che lo conduchi alla mazza, e poi lascialo in sulle peste.

Pilucca. Cosi farò; ma io non m’assicuro d’andarli innanzi. Vedi come si scaglia.

Marabeo. Tiragli un motto dell’Agata, ché ’l fermerai.