Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/24

pruova per ciò che il loro autore sia un presuntuoso? Qual uomo è al mondo, tinto di lettere e avezzo a legger rime, che non dia giudizio di qualunque canzone, di qualunque sorte esca di nuovo nelle mani degli uomini, e noi dica e scriva volentieri ad uno amico che glielo dimandi, e non gli conceda ancora licenzia, riputandolo buono, di manifestarlo per suo? Certo niuno. Adunque a torto è giudicato da voi un presuntuoso l’autor di queste opposizioni; le quali egli scrive volentieri (se cosi vi piace) in dimostrazione del parer suo, intorno a quella canzone, essendone stato richiesto dall’amico suo: e licenziollo ancora a dir che fossero sue. Ma forse con gran ragione è giudicato un ignorante, perché non ha saputo oppor cosa che non sia puerile e vana. Ora veggiamo se la cosa giace cosi. Né vi meravigliate ch’io parli della maniera che non avete fatto voi; percioché io sono per aventura piú informato di questo fatto che non siete voi, e so delle cose che non sapete voi, e conosco ottimamente chi è l’opponente. A lui adunque fu scritto da Roma, da colui che voleva sapere il suo parere, di questa canzone: che essa quivi da molti non solamente era stimata bella, ma tale ancora che il Petrarca, se a’ suoi di gli fosse stata pòrta cagione simile da farla, non l’avrebbe fatta altrimente. A che riguardando egli, il quale avea parere molto diverso da quello di quei molti lodatori romani cosi animosi; rispose che il Petrarca non avrebbe usata niuna delle cose notate da lui nella canzone del Caro. Le quali altri dee provare che il Petrarca avrebbe usate, se vuol provare l’ignoranza a dosso all’opponente. Ma perché ce se sono alcune scritte molto strettamente, non facendo di bisogno a scriverle d’altra forma al domandante, intendente ogni stretto parlare, e può per aventura la loro strettezza far parere ad alcuno puerile e vano quello che non è in effetto, sará bene ch’io, il quale sono consapevole della ’ntenzione dell’opponente, rallarghi queste cotali, e con altre parole le dechiari.

Primieramente adunque volle dire l’opponente che il Petrarca non userebbe «cede», «inviolata», «propizia», «gesti», «inserte», «amene», «simulacri», «illustri», fuor di rima: non