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XI

«Di questa madre». Tutta questa parte è detta come Dio vuole.

XII

«Mirate al vincitor d’Augusto». Poco savio consiglio a nominare in questo caso, l’imperatore, Augusto, per l’oppenion che s’ha; siccome niuno, dicendone male, non nomina, il Gran Turco, Augusto o Cesare imperator romano.

XIII

«Della tua Flora». Questo è panno tessuto a vergato. Nomina Fiorenza per Flora, cioè per ninfa, e poi Italia col nome del paese. Non fece cosi Vergilio: «Postquam nos Amarillis habet. Galatea reliquit».

XIV

«Raggio suo ver’ lei». Il raggio suole illuminare e riscaldare, e simili cose: le quali non hanno risposta in «serva» e «distrutta»; se queste qualitá non fossero con compagnia: «serva di tenebre», «distrutta di freddo».

xv

«Quasi lunge dal sol». Parla cose contrarie, dicendo poco appresso: «Qual ha Febo di te cosa piú degna? In te vive, in te regna, col tuo il suo bel lume».

XVI

«E ’l mio ne sente un foco». Chi vide mai effetto di foco essere il volo e ’l canto?

XVII

Brevemente, per non iscriver piú. Io non vi veggo modo di dir puro e naturai della lingua poetica, né sentimento riposto e vago. Ma non mostrate queste cianze o le dite, come mie a niuno. Io mi sono indotto a scriverle per compiacervi. E l’argomento della canzone è nulla.