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alcuna. Percioché, quando il Castelvetro avesse detto tutto quello che sapesse di V. S., non le leveria, per questo, che non fosse quello onorato e caro al mondo che egli è; e quando, dall’altra parte, V. S. avesse detto del Castelvetro tutto quello che sapesse, non ne riporteria piú lode che tanto, e metterla tempo in dir cose contrarie alla sua dolcissima natura. Però desidererei che V. S. si contentasse di comandarmi che io vedessi di accommodare questa differenza con satisfazione delle parti, parendomi che questa non sia per essere cosa impossibile da fare; poiché ad Aristotile ed a molti altri, non meno che voi v’abbiate fatto l’un all’altro, sono state fatte opposizioni, né per questo è avenuto che non siano grandi e onorati scrittori. E tanto piú, che io potrei forse sperare di ridurre ancora il Castelvetro, con tutte le sue opposizioni, a salvare ancora le ragioni di V. S. ed all’incontro indurre lei a fare il medesimo; in che si mostreria la felicitá dell’uno e dell’altro ingegno, ed appresso se ne potria trar pace ed amorevole concordia e gloria insieme; volgendo l’uno e l’altro lo stile a piú onorato soggetto. Dunque, signor mio Caro, vi priego, per quello amore che piú può in voi, che vi piaccia di darmi tal risposta che io possa sperare d’accommodar questo fatto: ché ciò sará piú caro a me che ’l nome vostro al mondo. Né si sdegnerá V. S. del mezzo mio, perché io sia donna; ché anco le donne, come sapete, hanno spente le guerre accese e fatti i nimici amici. E con questo fine a V. S. mi raccomando, la quale si degnerá di baciar la mano umilmente in nome mio a Sua Eccellenza.

Di Modena, agli 7 di decembre 1556.